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[ un paio di lapidi ]
Dur. 12' 21"
Vincent - Che cosa ha detto Gauguin dell’ultimo ritratto di Arlesiana, che è fatto su un disegno della sua? Finirai per vedere, credo, che è una delle cose più buone che ho fatto.[1]
Nella pregevole monografia di Dino Formaggio su van Gogh, l’impaginazione adottata per mostrare due versioni del ritratto di madame Ginoux è invertita rispetto alla cronologia, presentando a sinistra, come primo alla lettura, uno dei dipinti del febbraio 1889 derivati  dal disegno di Gauguin, e nella pagina successiva la primissima e veridica arlesiana coi guanti del novembre 1888.[2]
Affiancati in tal modo i due ritratti creano una suggestiva triangolazione di sguardi, per cui l’arlesiana coi guanti (quella dipinta dal vero in meno di un’ora) pare osservare l’arlesiana coi libri, che a sua volta guarda diritto verso chi la sta osservando, ossia verso chi la sta ritraendo. Un breve volgere di occhi e l’opera stabilisce un faccia a faccia con l’osservatore, che equivale ad un additare: è un “ti indico”.
Nella mia - non nego, fantasiosa - ricostruzione dei fatti che fin qui hanno coinvolto i ritratti di madame Ginoux, ho detto che in una replica più tarda (forse dei primi mesi del 1889) Vincent sostituisce i guanti poggiati sul tavolo dell’arlesiana con dei libri aperti, come per rappresentare la necessità di fermarsi in un posto – ho commentato.

In quel periodo Vincent scrive a Theo: “Ho portato con me un paio di libri per avere alcune idee solide nella mia testa. Ho riletto La Capanna dello zio Tom, il libro della Beecher Stowe sullo schiavismo, i Racconti di Natale di Dickens, e il signor Salles mi ha procurato Germinie Lacerteux…“[3]  - sono forse proprio questi i libri aperti che hanno sostituito i guanti sul tavolo di madame Ginoux?
Nell’autunno di questo stesso anno 1889, standosene in Bretagna, Gauguin dipinge un ritratto di Jacob Meijer de Haan in posa davanti ad un tavolo su cui sono disposti due libri dai titoli ben leggibili: Il Paradiso perduto di Milton e Sartor Resartus di Carlyle. Ed è come se con questo quadro Gauguin avesse risposto direttamente a quello di Vincent: - “Ebbene, allora io mi fermo qui, per il momento, a leggere due libri proprio diversi da quelli che vi portate dietro voi”…
Ora, non mi importa sapere se i due pittori conoscessero ognuno il lavoro dell’altro, certo è che in una collezione di sole immagini la visione giustapposta dei tre quadri favorirebbe la suggestione di assistere ad un dibattito per immagini, che si conferma proseguire con la serie delle 4 arlesiane che Vincent dipinge nel febbraio dell’anno seguente, con le quali sembra controbattere al dipinto di Gauguin con due libri altrettanto ben specificati nei titoli: La Capanna dello zio Tom della Beecher Stowe e Racconti di Natale di Dickens.
Basta un rapido giro tra le voci di un sommario di storia della letteratura per afferrare la diversità delle due coppie di libri messe a confronto dai due pittori, e farsi così anche un’idea del contrasto dei rispettivi orientamenti in pittura.
In quello stesso novembre in cui Vincent deplorava le scene sacre dipinte dai suoi amici, Gauguin scriveva a Bernard:
Vedo che avete capito tra le righe che ho toccato leggermente qualcosa, eccomi rinfrancato nelle mie opinioni e non desisterò (cercando di proseguire). E questo nonostante Degas che è soprattutto, accanto a Van Gogh, l’autore di questo sfacelo. Non trova infatti nelle mie tele quello che lui vede (il cattivo odore del modello). Sente in noi un movimento contrario al suo.[4] 
Nel tempo intercorso tra la realizzazione dei due gruppi di ritratti di madame Ginoux (quello realizzato sotto lo sguardo di van Gogh e quello tratto dallo sguardo di Gauguin) l’indice della pittura[5] è andato spostandosi dall’interno della stanza gialla per puntare fuori: verso l’esterno del dipinto, dove trova anzitutto Gauguin. E poiché il secondo gruppo di arlesiane con davanti i libri chiusi, dopo esser stato un disegno di Gauguin “adesso” è (anche) un dipinto di van Gogh, l’accostamento delle due illustrazioni nel libro di Dino Formaggio sembra schiarire il messaggio che Vincent si propone facendo recapitare a Gauguin una di queste arlesiane: “io (proprio) ti replico, Gauguin”.
Una replica che si riferisce tanto al disegno di Gauguin quanto al suo programma pittorico, intessuto dei fervori mistici e degli slanci letterari  propri ad un certo realismo umanitarista inglese di quel periodo.

Dunque, un paio di libri messi lì sul tavolo da Vincent - e sicuramente dipinti dal vero - per condannare ogni fantasioso superamento del reale e del possibile, ogni manipolazione della partizione visiva, ossia del “motivo” e dei motivi della pittura - che non ha bisogno di procurarsi dei moventi estranei all’occhio e che inizia ad esserci davvero quando la letteratura finalmente tace.

Guardate ancora: la “pittoresca” scena del caffé di notte costruita da Gauguin per madame Ginoux è stata interamente risucchiata nei libri; che ora se ne stanno accatastati e definitivamente chiusi come due lapidi.
- “Io dico (proprio) a te, Gauguin: credevo fosse tuo dovere pensare e non sognare”.[6]

Antonin Artaud dirà di van Gogh:
Aveva 37 anni quando è morto e sembrava proprio che si fosse risolto a non superare il motivo. Ma quando si è visto ciò che ne faceva non si può più credere che (in pittura) ci sia qualcosa di meno superabile del motivo.[7]

La letteratura si apre e si chiude all’orecchio.
Per l’occhio essa è solo un motivo pittorico.
Non c’è Bibbia né scrittura.[8]
Solo oggetti sensibili, solo libri, tomi, volumi.
In pittura la letteratura non è altro che tipografia, rilegatoria, editoria.E la storia della letteratura, magari, è soltanto la bottega di una città bene illuminata con i libri appesi come prosciutti luminosi di grasso.[9]

Mi dico sempre che ho ancora in mente di dipingere un giorno un negozio di libri, con tutta la vetrina gialla, e con i passanti in nero – è un motivo così moderno. Guarda, sarebbe proprio un soggetto che starebbe bene fra un uliveto e un campo di grano, la seminagione fra i libri, le stampe. E questo ho proprio in mente di farlo come una luce in mezzo alle tenebre.[10]

[1] - Vincent a  Theo, Auvers-sur-Oise, 4 giugno 1890 (n. 877-638). Nella medesima lettera Vincent dice che il dottor Gachet (di cui stava lavorando al ritratto) “ora è arrivato anche a capire l’ultimo ritratto di Arlesiana… ritorna sempre su quei due ritratti e li accetta in pieno, ma in pieno, così come sono”.
[2] - Vedi immagine di fianco. Dino Formaggio, Van Gogh, Mondadori Editore, 1952.
[3] - Vincent a Theo, Arles 29 marzo 1889 (753-582).
[4] - Gauguin a Bernard, Le Pouldu, novembre 1889, in Lettere di Gauguin, cit. p. 153. - Nel Sartor Resartus, che Gauguin apparecchia sul tavolo davanti a de Haan, Carlyle aveva scritto: “Tutte le cose visibili son Emblemi; ciò che vedi non è lì senza ragione; a rigor di termini non è affatto lì; la Materia esiste solo spiritualmente e per rappresentare qualche Idea e incarnarla. Perciò gli Abiti, benché li riteniamo disprezzabili, sono indicibilmente significativi”…. “Il linguaggio viene chiamato Veste del Pensiero; si dovrebbe piuttosto dire: il linguaggio è l'Abito di Carne, il Corpo del Pensiero. Le metafore sono la sua materia prima”...ecc.
[5] - Come i lacci delle scarpe e la cordicella della culla della berceuse (vedi anche nota 5, infra p. 109).
[6] - Una considerazione che ci fa pensare a quelli che sbandierano il “sogno” per il bene di masse umane (solitamente rincretinite di parlamentarismo) che lo fanno proprio e non si accorgono che in questo modo gli si dice semplicemente di continuare a rimanere tranquillamente addormentate… magari stringendo una confortevole scheda elettorale di peluche.
[7] - Artaud, cit. p. 101.
[8] - …Figuriamoci poi “la propaganda”!
[9] - Nel quadro di Louis Anquetin, Avenue de Clichy  (1887), sotto il tendone della salumeria si vedono dei prosciutti esposti come in un trionfo barocco.
[10] - Vincent a  Theo, Saint-Rémy, 26 novembre 1889 (n. 823-615).
In alto, da sin.
- vG., L’arlesiana, Madame Ginoux con libri (aperti) (F 488); Arles, data incerta: nov. 88 o mag.89; olio su tela cm. 91.4x73.7; New York: The Metropolitan Museum.

-
Gauguin, Ritratto di Jacob Meijer de Haan, 1889, olio su tela cm.  79.6 x 51.7, New York, Museum of the Art.
- vG., L'arlesiana (F 541); Saint-Rémy, febbraio 1890; olio su tela, cm.65.0x49.0; Otterlo, Kröller-Müller Museum.
Sotto. da sin.:
- vG., Natura morta con romanzi francesi e una rosa (F 359); Parigi, autunno 1887; olio su tela cm.73.0x93.0; Coll. privata;
- vG., Natura morta con romanzi francesi (F 358); Arles, ottobre 1888; olio su tela cm.53.0x73.2; Amsterdam, V.G. Museum.



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